Remo Anzovino e Mauro Ermanno Giovanardi
L’Alba dei Tram – Canzone per Pasolini
musica Remo Anzovino | versi Giuliano Sangiorgi
Un progetto di Remo Anzovino Prodotto da Taketo Gohara e Remo Anzovino Assistente alla produzione: Marco Anzovino Produzione esecutiva: Enzo Vizzone per Egea music Arrangiamento orchestrale: Stefano Nanni Edizioni musicali: Sugar Music / MeMe
IN EDICOLA DAL 29 OTTOBRE CON IL MESSAGGERO VENETO, IL PICCOLO, LA NUOVA VENEZIA, IL MATTINO DI PADOVA, LA TRIBUNA DI TREVISO E IL CORRIERE DELLE ALPI.
Le fermate di un tram – Nel mio percorso di scrittura musicale non ho mai svelato le fonti di ispirazione, se non – per intuibili ragioni – nel caso della composizione «9 ottobre 1963 (Suite for Vajont)», della marcetta «No Smile (Buster Keaton)» e della milonga «Que viva Tina!», dedicata a Tina Modotti. I titoli dei miei dischi e dei miei brani sono quasi sempre costituiti da una parola singola, o comunque da una espressione aperta alle più svariate interpretazioni. Questo perché non voglio limitare la fantasia di chi ascolta la mia musica, condizionando inevitabilmente il viaggio che ognuno liberamente fa attraverso i miei suoni. E poi perché credo sia francamente più interessante che ognuno possa trovare, tramite una musica, le immagini più intime e segrete del suo mondo.
Questo però è un disco speciale e, perciò, faccio una significativa eccezione. La musica de «L’Alba dei Tram» è iniziata a crescere dentro di me due anni fa, dopo una visita di notte – per certi versi rocambolesca – ad Ostia, all’Idroscalo, nel luogo dove Pasolini fu assassinato. Desideravo andarci sin dall’adolescenza, da quando una sera, con amici di scuola, passammo un sabato a guardare «Il Vangelo secondo Matteo». Era il mio rendere omaggio all’intellettuale cui più ho attinto per il mio immaginario musicale, nel posto dove la sua bocca è stata atrocemente chiusa per sempre. D’altra parte ho sempre creduto che i luoghi dove sono accaduti fatti importanti per la storia del nostro Paese abbiano un suono preciso: altrettanto feci recandomi – anche in quel caso di notte – sul Vajont per ascoltare il suono di quella valle, per renderlo in musica. L’emozione all’Idroscalo fu forte e mi restò addosso, per molto tempo, un senso – inesprimibile a parole – di desolazione e ingiustizia, e una tensione creativa a lenire la rabbia con una musica in forma di preghiera. La musica nacque dopo molti mesi e la chiamai «Inilosap», pensando al nome del poeta al contrario, come se riavvolgendo la pellicola della sua vicenda intellettuale e umana il film restasse ogni volta ancor più intatto. E ogni volta più potente: leggendo, vedendo, imparando da ogni sua espressione qualcosa di importante per la mia vita. Di Pasolini mi ha sempre colpito il lato visceralmente popolare, direi anzi “pop”: il suo organizzare partitelle di calcio in ogni sperduto campetto di periferia, la sua passione per le canzonette, l’essere egli stesso un autore di canzoni con grandissimi compositori, il suo modo di vestire – un’immagine così diversa e così moderna rispetto a quella di prammatica dello scrittore e dell’intellettuale, al tempo in cui visse -, il suo divorare fino in fondo la vita, come esperienza assoluta e senza risparmio, il suo elevare le persone più semplici e più umili, l’affermare quella degli analfabeti come unica cultura autentica.
Ho, così, pensato che sarebbe stato magnifico se la musica che avevo composto fosse diventata una canzone e se a scrivere i versi fosse sato un mio coetaneo, nato, come me, dopo la sua morte. Ho fatto ascoltare la musica a Giuliano che mi ha voluto regalare parole vere, semplici e soprattutto universali anti-didascaliche. Una canzone magistralmente interpretata da una voce ammirata da entrambi, quella di Mauro Ermanno – o affettuosamente Joe – che l’ha fatta sua, da grande artista, e l’ha resa unica con rara generosità, essendo a sua volta lui un grande autore. Tutte queste esperienze, man mano che il progetto prendeva forma, mi hanno permesso di ricordare quanti brani ho composto attingendo all’immaginario pasoliniano. Veramente tantissimi, e non avevo ritenuto – per le ragioni che spiegavo all’inizio – di svelarlo, quando le ho pubblicate su disco. Allora, ho immaginato un racconto sonoro, un percorso musicale e ad ogni stazione, anzi ad ogni fermata di questo tram, un passaggio o un’opera della vicenda pasoliniana che più mi ha emozionato, abbinandola ad una mia musica che, a suo tempo, è nata sotto la stessa influenza.
Sotto quell’influenza:
> l’abbandono forzoso della sua amata Casarsa (Aria);
> il suo arrivo a Roma, gli stenti iniziali e l’esplosione del suo talento immenso (Metropolitan);
> la prima volta a New York, dove lui, marxista, si innamora perdutamente di Manhattan (Transoceano);
> la centralità dell’Eros come linguaggio (Amante);
> il primo film girato in Africa, alla ricerca di un’altra comunità vergine, di un’altra incontaminata cultura degli analfabeti (Natural mind);
> la lucida solitudine di «Supplica a mia madre» (Dove sei);
> il primo dei processi per vilipendio alla religione dello Stato per il mediometraggio «La Ricotta» e i nudi del Michelangelo della fotografia, Dino Pedriali (Tabù);
> la fascinazione per il lontano oriente nell’esperienza de «Il fiore delle Mille e una notte» (Orient Island); > le canzonette facili facili, da gettonare nel juke-box per ballarci sopra, come in «Uccellacci e Uccellini» (Due dita);
> la passione bruciante per il gioco del calcio (Giostra);
> passeggiare di notte e accorgersi che «a causa dell’inquinamento dell’aria e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua sono cominciate a scomparire le lucciole» (Cammino nella notte);
> l’«Io so», gli «Scritti corsari», Salò-Sade, la denuncia profetica di tutti i danni a venire del «nuovo fascismo» della «società dei consumi», quello che oggi in effetti viviamo, nella scena dell’ultima notte, il Golgota dell’Idroscalo, la rapsodia di «una vita violenta», la croce sotto cui non vi era l’adorata madre Susanna, come invece nel Vangelo (Spasimo).
Alla fine, l’orecchio di chi ascolta, nel ritendere al suono iniziale del tema di viola, con l’interpretazione sublime del Maestro Danilo Rossi, sorretto dall’Orchestra d’Archi Italiana diretta dal Maestro e fraterno amico Stefano Nanni, con il nome di Pasolini al contrario (Inilosap) – come se appunto la pellicola si riavvolgesse – sente attraverso la sola musica il senso originario della composizione musicale, dell’omaggio al poeta. Durante il missaggio mi sono imbattuto in rete, nello scatto divenuto la copertina di questo disco…E’ l’alba dei tram di Pasolini, è l’inizio di una giornata di lavoro del poeta – pensai. Gionata mi ha aiutato, come solo i veri amici fanno, a far ascoltare la composizione al Maestro Dino Pedriali, che è l’autore di quello scatto, come di tutti gli ultimi scatti, negli ultimi giorni di vita. Ho così potuto conoscere uno dei più grandi fotografi di sempre, cui anche questo album è omaggio, generoso con me solo come i grandi artisti, come solo le leggende vere sanno essere. Questo mio piccolo lavoro non ha nessuna pretesa di esaustività nè tantomeno di spiegare Pasolini. Questo, naturalmente, è un compito degli studiosi. Sono solo un musicista, che appartiene a questo tempo, devoto a quel pozzo senza fondo di libertà e rigore del pensiero, al lascito incommensurabile di ogni suo scritto, di ogni suo fotogramma. Questo disco è solo un insieme di immagini, che spero possano scaturire dai suoni e stimolare a rileggere o – per i più giovani – scoprire, per la prima volta, pagine e immagini universali e dalla forza dirompente, ancora oggi, e forse ancora più oggi, indispensabili. Remo Anzovino